C’è il vento, il fruscio delle foglie, la luminosità della stanza, il respiro, il colore del pavimento di legno, il respiro, le mani immobili, il battito del cuore. C’è la saliva che si raccoglie in bocca, e poi il movimento per inghiottirla. Che cos’è che rende tanto difficile essere in contatto con ciò che è reale, con ciò che è veramente qui, in questo momento, per quanto poco sensazionale possa essere?
È questo uno dei nostri problemi. Il fatto che per essere in contatto con la realtà ci aspettiamo qualcosa di sensazionale, qualcosa di fuori dell’ordinario.
E così evitiamo di stare con i piedi per terra, poggiati sul suolo più ordinario che si possa immaginare, un sentiero fangoso, un pavimento di legno, un tappeto.
Ieri sera, in una delle stanze dove ci raduniamo per gli incontri, c’era una lampada su un tavolo e, proprio sotto, una piantina con le foglie di un verde intenso come tante piccole lingue sporgenti dal vaso, e qualche fiore rosso, così rosso che più non si può, con dentro dei pallini gialli. Semplicemente questo. Riusciamo a vederlo e a non aspettarci che ci serva a qualcosa? Riusciamo a vederlo semplicemente, ad ascoltarlo, a sentirlo completamente?
E insieme, c’è il respiro, il suono del vento, il ticchettio dell’orologio, e il battito del cuore. È possibile che sia presente anche un senso di incertezza o di calma. L’intero universo è presente, la meraviglia dell’universo, non il concetto di universo. Semplicemente l’aria, il suolo, il cielo, la notte, le stelle e le luci di Springwater.
Toni Parker